L’essere umano ha da sempre sviluppato un istinto primordiale verso il vivere insieme ad altri uomini. Tale istinto doveva essere supportato da regole che potessero sostenere le piccole comunità che piano piano prendevano vita. Inutile soffermarsi in periodi troppo lontani a noi, come, per esempio, i tempi delle palafitte, in cui la parola “diritto” ovviamente non era ancora stata coniata.
Sembra invece più interessante evidenziare i tempi dell’Antica Roma che, con un percorso lungo e difficile, diventò la "culla del diritto”. Infatti, ci vollero diversi secoli prima di giungere alla celebre compilazione giustinianea. Occorre, prima di tutto, evidenziare la divisione dei periodi storici di Roma secondo la sua costituzione. Abbiamo infatti:
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L’età regia (754-510 a.C.): in questo periodo Roma era una monarchia;
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L’età repubblicana (510-27 a.C.): sono tre gli organi principali attorno ai quali ruota la costituzione repubblicana: le assemblee popolari, le magistrature ed il senato;
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Età del principato (27 a.C.-285 d.C.): il principe e i suoi funzionari accentrano su di loro le prerogative dei tre organi della costituzione repubblicana;
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Età del dominato (285-565 d.C.): l’imperatore si dichiara tale per volontà o grazia divina, divenendo un vero e proprio dominus (padrone) del proprio popolo.
A questa classificazione di tipo storico, si contrappone una seconda periodizzazione che tiene conto degli eventi fondamentali del diritto. Abbiamo quindi:
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Epoca arcaica (754-367 a.C.): il diritto privato è chiuso e rimane legato ad un assetto socioeconomico di tipo pastorale o agricolo;
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Epoca preclassica (367-27 a.C.): Roma inizia ad allargare i propri confini e diventa una città ricca di traffici commerciali tra i cittadini e gli stranieri. Si avverte, proprio per questo motivo, la necessità di instaurare un pretore con la giurisdizione sugli stranieri e su Romani e stranieri in contrasto di interessi;
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Epoca classica da Augusto a Diocleziano (27 a.C.-285d.C): Roma domina gran parte del mondo conosciuto e diventa quasi impossibile gestire i rapporti tra romani e stranieri. In questo periodo è di fondamentale importanza l’editto emanata da Antonino Caracalla, il quale attribuisce la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti dell’impero ed estende alle provincie il diritto di Roma.
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Epoca postclassica (285-565 d.C.): L’evento principale di questo periodo è la vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane. Il diritto, come il contesto sociale, verrà fortemente influenzato dalla nuova religione.
Evidenziata questa divisione dei periodi, ora non ci rimane altro che incentrarci sul percorso svolto dal diritto nelle varie epoche.
L’età arcaica si basava sui mores (ovvero le costumanze, le regole non scritte che venivano tramandate da padre in figlio), l’interpretazio prudentium (ossia la conoscenza del diritto di cui solo i sacerdoti -pontifices- erano gli unici detentori). Infine, in quest’epoca, avvenne un evento straordinario, ossia la nascita di autentiche leges publicae richieste ed ottenute dal popolo per avere certezze giuridiche. In questa occasione nasce la famosa legge delle XII tavole.
Durante l’epoca preclassica si sviluppano diversi e profondi cambiamenti: nonostante rimangano in vigore gli antichi mores, il diritto viene ad essere “laicizzato”, cioè avviene una vera e propria separazione dall’ordine religioso da quello giuridico. Le lex, ossia le leggi pubbliche, aumentano e viene creata la figura del pretor urbanus, ovvero un magistrato con carica annuale che si occupa dello stipulare i mezzi processuali e dei casi concreti attraverso un’ideale di giustizia applicando anche la aequitas, il bonum et aequum e la giustizia sostanziale. Sempre in quest’epoca, come già accennato, si avverte la necessità di “aprire” il diritto civile agli stranieri. Tale diritto viene definito ius gentium ed è il diritto romano a cui hanno accesso gli stranieri.
Nell’epoca classica decade la legge pubblica e vengono mantenute solo le leggi di età precedente che risultino ancora utili. Sorge la figura del responsa prudentium, ossia un giurista autorizzato dal principe e che, a partire da Adriano, attraverso il suo responso vincola il giudice. Vi sono, inoltre, i senatusconsulta, ovvero provvedimenti emanati dal Senato. Abbiamo anche la constitutiones principum cioè tutti gli atti emanati dal principe in qualità di legislatore. Infine, occorre evidenziare che, sotto Adriano, viene affidato al giurista Giuliano il compito di redigere un testo definitivo dell’Editto, da questo momento il sistema processuale si chiude ad un unico schema.
Infine abbiamo l’epoca postclassica che si caratterizza per l’imponente figura dell’imperatore. Solo lui, infatti, è fonte del diritto ed interprete delle norme. Le costituzioni imperiali assumono il rango di fonte primaria ed assumono il nome di leges generales. Teodosio II promuove una raccolta di leggi generali emanate da Costantino in poi. Tale raccolta entra in vigore in tutte le parti dell’impero e conosciuta come Codex Theodosianus. Tuttavia, in tale codice viene scarsamente trattato il diritto privato che continua a trovare il suo fondamento nelle opere dei giuristi classici e che prende il nome di iura. Valentiniano III avverte l’esigenza di emanare la celebre “legge di citazioni” che limitava a cinque i giuristi le cui soluzioni potevano essere prodotte nei tribunali (Gaio, Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino) e dettava alcuni criteri per la citazione di altri giuristi. Accanto al diritto scritto viene comunque contemplata anche la consuetudine, ovvero usi di lunga durata che ricevono valore dal consenso degli utenti. Il compito della consuetudine è di colmare le lacune della legge scritta.
Discorso a parte, ma che merita una precisazione importante, è la compilazione giustinianea che ci ha permesso di conoscere gran parte del diritto romano. Giustiniano (527-565 d.C.) aveva un sogno: quello di ridare unità all’Imperium Romanum con la riconquista dei territori sottratti dai barbari e con il diritto. Riunì intorno a se commissioni di esperti per ridare valore ed importanza all’ordinamento romano. Furono diversi i tentativi di riportare alla luce il diritto conosciuto e la riunione di questi tentativi portò alla nascita di diverse documentazioni, come: il Codex legum, Codex Iustinianus repetitae, il Digesta seu Pandectae, le Istitutiones e le Novellae. Tutte queste raccolte furono conosciuti dai posteri con il nome di Corpus iuris civilis.
Lo studio del Corpus iuris civilis risulta importante non solo per la sua contrapposizione che venne fatta con la successiva nascita del Corpus iuris canonici, ma, anche, per lo studio che venne concepito sul testo originale nei svariati secoli a seguire. Fra tutti basti pensare la figura dei glossatori o dei commentatori che studiarono in modo dettagliato e, a volte, maniacale l’intero testo. Inoltre è sullo studio del Corpus iuris civilis, insieme al Corpus iuris canonici, che nascono le prime Università in Italia ed in Europa. I due corpora iuris rappresentano l’intero universo scientifico del diritto e la lingua utilizzata è il latino, da ciò nasce un ceto europeo di studiosi e professionisti del diritto: quello dei giuristi.
Il Corpus iuris assume la qualifica di diritto imperiale e diviene vincolante per i territorio all’interno dell’impero. Tuttavia nei regni indipendenti dall’impero, il diritto romano incontra diversi ostacoli di natura socio-politica. In questi Paesi viene semplicemente accolto come consuetudine o in veste di diritto regio. In ogni caso, i due corpora si proiettarono all'interno dell'impero e vennero considerati il diritto comune di tutti i Paesi dell’Europa continentale. Questo perché nessuno dei Paesi europei possedeva un diritto nazionale, ma solo diritti consuetudinari locali. In tal modo i diritti nazionali dell’Europa continentale si sono formati e sviluppati in chiave romanistica. Un solo Paese sfugge a questo processo: l’Inghilterra, la quale ha maturato l’esperienza common law.
Le nuove filosofie nascenti e pensieri socio-politici sempre più rivolti alla modernizzazione, hanno portato ad un lento allontanarsi dal Corpus iuris. Il giusnaturalismo prima e, soprattutto, l’illuminismo dopo, portarono a svariati tentativi di codificazione interna dei Paesi e la graduale scomparsa del diritto comune europeo. Montesquieu, ad esempio, non fu celebre solo per il suo concetto di divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), ma anche per porsi come precursore (diversamente da quanto prospettato dai giusnaturalisti settecenteschi) di un’idea di codificazione nazionale. Voltaire risulta essere uno dei più ardui combattenti sulla laicità dello Stato e delle sue leggi e sull’idea di una libertà da attuarsi contro il potere ecclesiastico. Rousseau, invece, oltre ad evidenziare il bisogno e l’importanza della democrazia (la “volontà della maggioranza”), parla dell’esigenza di stipulare tre codici: uno politico, l’altro civile e l’altro criminale e tutti e tre devono essere chiari, brevi e precisi. In Italia, invece, è Beccaria che riveste un ruolo fondamentale di questa corrente filosofica. Secondo il pensatore italiano bisogna stabilire i confini del giusto e dell’ingiusto, cioè dell’utile o danno sociale, con l’equazione utilitaristica giustizia=utilità sociale. Tuttavia egli si mostra incline a sostituire il secondo elemento dell’equazione (utilità sociale) con la difesa dei diritti dell’uomo (“gli interessi dell’umanità”) e siccome i due elementi non sono interscambiabili, il binomio di ispirazione utilitaristica si trasforma in binomio in segno umanitario. Beccaria si occuperà in modo particolare delle leggi penali, scagliandosi contro la pena di morte ed avvertendo che le pene devono essere giuste e mirate al recupero della persona e per questo devono essere “la meno tormentosa sul corpo del reo”.
Sotto l’influenza di questi concetti filosofici e, almeno in parte, l’evento della rivoluzione francese e il susseguirsi degli anni del Terrore, si sono sviluppati diversi ed importanti codici, o tentativi di codici, in giro per l’Europa. I primi tre grandi codici comparsi in Europa sono stati: il code Napoléon, il codice austriaco e il Landrech prussiano. Bisogna però precisare che, nonostante la pregnante influenza illuministica, tali codici non abbandonano completamente il diritto romano-comune.
Oggi, per arrivare ai nostri giorni dopo il breve excursus fatto, il nostro diritto è notevolmente influenzato dal percorso storico evidenziato. Fattispecie di diritto civile sono spesso ricalcate dai concetti che già diverso tempo fa crearono i romani. Il codice civile è notevolmente influenzato dai codici illuministici e, in particolare, dal codice civile di Napoleone.
Spiegare in poche righe cos’è il diritto sarebbe troppo complesso, basti pensare il suo percorso storico e il tentativo fatto da diversi giuristi, sociologi e filosofi in diversi periodi storici per spiegare la sua complessità. Tuttavia possiamo evidenziare in questa sede che il diritto rappresenta tutte le norme giuridiche che regolano una determinata società in un determinato contesto storico.
Dopo questa breve premessa, occorre evidenziare l’importanza del diritto interno, ma, soprattutto, l’importanza che sta assumendo sempre di più il diritto europeo. Oggi l’Italia fa parte dell’U.E. e per far questo ha dovuto rinunciare ad una parte della propria sovranità. Infatti, il diritto europeo entra in maniera sempre più pregnante negli ordinamenti degli Stati membri. Oggi sentiamo spesso parlare di atti legislativi comunitari ed essi influenzano, in modo più o meno forte, le legislazioni interne degli Stati.
Gli atti legislativi comunitari, visti in maniera breve, si dividono in:
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ATTI VINCOLANTI:
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Regolamenti: entrano in forza dell’art. 11 della Costituzione. Hanno una portata generale (sono indirizzati verso tutti gli Stati membri), sono obbligatori ed hanno un’efficacia diretta (ovvero non necessitano di una legge statale di recepimento).
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Direttive: non sono generali, ma indirizzate solo ai singoli Stati, non creano obblighi per i cittadini, ma solo agli Stati a cui sono indirizzati ed hanno un’efficacia indiretta in quanto necessitano di una legge di recepimento che individui i modi per raggiungere l’obbiettivo prefissato dalla direttiva stessa.
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Decisioni: hanno una portata concreta, possono essere indirizzate o ad uno Stato membro o ad un individuo o ad un’impresa ed acquistano efficacia con la notifica al destinatario
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ATTI NON VINCOLANTI:
Da quanto dedotto fino a questo momento e senza entrare troppo nello specifico, sembra palese la forza che viene ad essere assunta dal diritto europeo nei confronti del diritto interno degli Stati membri. Inoltre, basti pensare anche a tutte le tipologie di ricorsi che possono essere aditi presso la Corte di giustizia europea che rappresenta, in determinati casi, un ulteriore grado di giudizio.
Quel che appare evidente da questo breve resoconto è che la nascita e l’importanza che assume oggi il diritto europeo sembra quasi portare ad un processo inverso rispetto a quanto accaduto durante il periodo illuministico e la successiva nascita dei codici interni, dove si tendeva ad accentrare il potere dello Stato e dell’imperatore ai danni di uno diritto comune europeo.