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14.05.2012 13:10

I contratti telematici

Negli ultimi anni sta crescendo in modo esponenziale l’utilizzo della rete, da parte degli operatori commerciali, al fine di creare un mercato unico per la commercializzazione di beni e servizi senza limiti territoriali e temporali. Da qui nasce l’e-commerce o commercio elettronico. Ovviamente, questo scambio di beni e servizi necessita di regole certe e della possibilità, per gli utenti, di utilizzare la propria autonomia contrattuale anche attraverso i nuovi mezzi che la tecnologia ci ha e ci sta fornendo.

Fatta questa premessa, analizziamo cosa si intenda per contratto telematico, ovvero quel contratto concluso grazie alla trasmissione di dati tra due o più computer (o, comunque, altri strumenti informatici) connessi tra loro, anche senza l’ausilio del web, e dove i soggetti siano necessariamente assenti fisicamente, poiché, per tale fattispecie contrattuale, occorre che la comunicazione tra i soggetti avvenga esclusivamente tramite l’interfaccia diretta rappresentata dall’utilizzo dello strumento informatico.

Tuttavia, la velocità con cui viaggia l’evoluzione tecnologia accostata alla staticità con cui muta il diritto, ha creato e crea diverse problematiche intorno a tale fattispecie contrattuale. Risulta infatti difficile l’individuazione del luogo e del tempo della conclusione dell’accordo telematico e questo genera dubbi e perplessità sul diritto da applicare. In Italia, al fine di sopperire a tale discrepanza, si è cercato di dare una risposta attraverso il decreto legislativo 70/2003, attuativo della direttiva europea 2000/31/CE, e mediante un’interpretazione evolutiva del nostro codice civile. Possiamo quindi dire che gli accordi telematici possono formarsi secondo diverse modalità, a secondo dello schema, già esistente all’interno del c.c., in cui si intercala l’accordo stesso. Avremo così un accordo telematico che potrà identificarsi come:

  • Schema classico (proposta/accettazione).
  • Offerta al pubblico.
  • Invito a proporre.
  • Comportamento concludente.
  • Contratto con obbligazioni del solo proponente.

Invece, il d. lgs. 70/2003, negli artt. 12 e 13, detta alcune regole di carattere generale per i soli contratti per adesione o di massa. Per quanto concerne l’art. 12, esso sancisce:

  • Quali siano le informazioni minime che devono essere comunicate prima che il destinatario inoltri il proprio ordine. Tali obblighi pre-negoziali rientrano nell’ambito della buona fede e risultano inderogabili per i consumatori e derogabili se le parti non sono consumatori.

Dall’art. 13 si evince invece che:

  • Le norme sulla conclusione del contratto si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica;
  • Salvo diverso accordo delle parti non costituite dai consumatori, il prestatore deve, senza ritardo e per via telematica, avvertire della ricevuta dell’ordine del destinatario e riassumere un riepilogo delle condizioni contrattuali;
  • L’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati hanno la possibilità di accedervi (c.d. presunzione di conoscenza);

Dalle regole di carattere generale dettate dal decreto in esame e da quanto discende dall’interpretazione evolutiva del codice, possiamo affermare che:

  • Il contratto, salvo casi particolari, è concluso quando l’accettazione dell’oblato giunge all’indirizzo del proponente.
  • La ricevuta dell’ordine del destinatario è un mero strumento informatico post-negoziale.

Esaminando meglio questa tipologia di accordi, si evidenzia che i negozi  conclusi per via telematica possono essere distinti in due grandi categorie: “contratti chiusi”, cioè quando la conclusione dell’accordo avviene all’interno di una comunità ristretta e caratterizzata dalla conoscenza reciproca dei soggetti che vi prendono parte, oppure “contratti aperti”, ovvero mediante una rete di telecomunicazione pubblica ed accessibile da più soggetti. Nel primo caso parleremo di commercio elettronico di tipo convenzionale, che ha luogo tra imprenditori e società commerciali, nel secondo caso saremo nell’ambito del commercio elettronico su internet, che ha luogo, prevalentemente, fra imprese e consumatori. I primi rientrano nel c.d. “commercio elettronico di tipo convenzionale”, utilizzato, prevalentemente, per i contratti fra imprenditori e società commerciali; i secondi, invece, fanno parte del “commercio elettronico su internet”, utilizzato, primariamente, per i contratti fra imprese e consumatori.

Compiuta questa prima distinzione, bisogna evidenziare che gli accordi conclusi tramite internet possono essere classificati in base ai soggetti che vi prendono parte. I più importanti sono: i contratti B2B (business to business), cioè i contratti conclusi fra le imprese nell’esercizio della loro funzione imprenditoriale e che possono essere compiuti o tra un’impresa ed i propri fornitori oppure nei rapporti che un’impresa detiene con clienti professionali (ovvero altre imprese). I contratti B2C (business to consumer) sono quei contratti conclusi fra le imprese ed i consumatori per la vendita o l’assistenza. La materia della tutela del consumatore, soprattutto con riguardo ai contratti stipulati al di fuori degli esercizi commerciali che producono spesso un effetto sorpresa ai danni del consumatore, ha avuto una profonda evoluzione ed è stata percepita da tale fattispecie contrattuale. Per tali categorie di accordi, sia a livello europeo che nazionale, infatti, è previsto il riconoscimento di un diritto di ripensamento e di recesso del consumatore colpito dall’effetto sorpresa o da un’insufficiente mediazione dei relativi effetti del contratto. Inoltre vi è la previsione di una inefficacia per tutte quelle clausole che comprimono la libertà di scelta e le possibilità di tutela per tali categorie di contratti. Infine abbiamo: i contratti B2A (business to administration) in cui si regolano i rapporti ed i servizi intercorrenti fra P.A., cittadini ed imprese e il fenomeno sempre più discusso e crescente dei contratti P2P (peer to peer) ovvero lo scambio di beni e servizi realizzati direttamente da e tra privati.

 

01.03.2012 13:47

Il diritto ieri ed oggi...

L’essere umano ha da sempre sviluppato un istinto primordiale verso il vivere insieme ad altri uomini. Tale istinto doveva essere supportato da regole che potessero sostenere le piccole comunità che piano piano prendevano vita. Inutile soffermarsi in periodi troppo lontani a noi, come, per esempio, i tempi delle palafitte, in cui la parola “diritto” ovviamente non era ancora stata coniata.

Sembra invece più interessante evidenziare i tempi dell’Antica Roma che, con un percorso lungo e difficile, diventò la "culla del diritto”. Infatti, ci vollero diversi secoli prima di giungere alla celebre compilazione giustinianea. Occorre, prima di tutto, evidenziare la divisione dei periodi storici di Roma secondo la sua costituzione. Abbiamo infatti:

  • L’età regia (754-510 a.C.): in questo periodo Roma era una monarchia;
  • L’età repubblicana (510-27 a.C.): sono tre gli organi principali attorno ai quali ruota la costituzione repubblicana: le assemblee popolari, le magistrature ed il senato;
  • Età del principato (27 a.C.-285 d.C.): il principe e i suoi funzionari accentrano su di loro le prerogative dei tre organi della costituzione repubblicana;
  • Età del dominato (285-565 d.C.): l’imperatore si dichiara tale per volontà o grazia divina, divenendo un vero e proprio dominus (padrone) del proprio popolo.

A questa classificazione di tipo storico, si contrappone una seconda periodizzazione che tiene conto degli eventi fondamentali del diritto. Abbiamo quindi:

  • Epoca arcaica (754-367 a.C.): il diritto privato è chiuso e rimane legato ad un assetto socioeconomico di tipo pastorale o agricolo;
  • Epoca preclassica (367-27 a.C.): Roma inizia ad allargare i propri confini e diventa una città ricca di traffici commerciali tra i cittadini e gli stranieri. Si avverte, proprio per questo motivo, la necessità di instaurare un pretore con la giurisdizione sugli stranieri e su Romani e stranieri in contrasto di interessi;
  • Epoca classica da Augusto a Diocleziano (27 a.C.-285d.C): Roma domina gran parte del mondo conosciuto e diventa quasi impossibile gestire i rapporti tra romani e stranieri. In questo periodo è di fondamentale importanza l’editto emanata da Antonino Caracalla, il quale attribuisce la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti dell’impero ed estende alle provincie il diritto di Roma.
  • Epoca postclassica (285-565 d.C.): L’evento principale di questo periodo è la vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane. Il diritto, come il contesto sociale, verrà fortemente influenzato dalla nuova religione.

Evidenziata questa divisione dei periodi, ora non ci rimane altro che incentrarci sul percorso svolto dal diritto nelle varie epoche.

L’età arcaica si basava sui mores (ovvero le costumanze, le regole non scritte che venivano tramandate da padre in figlio), l’interpretazio prudentium (ossia la conoscenza del diritto di cui solo i sacerdoti -pontifices- erano gli unici detentori). Infine, in quest’epoca, avvenne un evento straordinario, ossia la nascita di autentiche leges publicae richieste ed ottenute dal popolo per avere certezze giuridiche. In questa occasione nasce la famosa legge delle XII tavole.

Durante l’epoca preclassica si sviluppano diversi e profondi cambiamenti: nonostante rimangano in vigore gli antichi mores, il diritto viene ad essere “laicizzato”, cioè avviene una vera e propria separazione dall’ordine religioso da quello giuridico. Le lex, ossia le leggi pubbliche, aumentano e viene creata la figura del pretor urbanus, ovvero un magistrato con carica annuale che si occupa dello stipulare i mezzi processuali e dei casi concreti attraverso un’ideale di giustizia applicando anche la aequitas, il bonum et aequum e la giustizia sostanziale. Sempre in quest’epoca, come già accennato, si avverte la necessità di “aprire” il diritto civile agli stranieri. Tale diritto viene definito ius gentium ed è il diritto romano a cui hanno accesso gli stranieri.

Nell’epoca classica decade la legge pubblica e vengono mantenute solo le leggi di età precedente che risultino ancora utili. Sorge la figura del responsa prudentium, ossia un giurista autorizzato dal principe e che, a partire da Adriano, attraverso il suo responso vincola il giudice. Vi sono, inoltre, i senatusconsulta, ovvero provvedimenti emanati dal Senato. Abbiamo anche la constitutiones principum cioè tutti gli atti emanati dal principe in qualità di legislatore. Infine, occorre evidenziare che, sotto Adriano, viene affidato al giurista Giuliano il compito di redigere un testo definitivo dell’Editto, da questo momento il sistema processuale si chiude ad un unico schema.

Infine abbiamo l’epoca postclassica che si caratterizza per l’imponente figura dell’imperatore. Solo lui, infatti, è fonte del diritto ed interprete delle norme. Le costituzioni imperiali assumono il rango di fonte primaria ed assumono il nome di leges generales. Teodosio II promuove una raccolta di leggi generali emanate da Costantino in poi. Tale raccolta entra in vigore in tutte le parti dell’impero e conosciuta come Codex Theodosianus. Tuttavia, in tale codice viene scarsamente trattato il diritto privato che continua a trovare il suo fondamento nelle opere dei giuristi classici e che prende il nome di iura. Valentiniano III avverte l’esigenza di emanare la celebre “legge di citazioni” che limitava a cinque i giuristi le cui soluzioni potevano essere prodotte nei tribunali (Gaio, Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino) e dettava alcuni criteri per la citazione di altri giuristi. Accanto al diritto scritto viene comunque contemplata anche la consuetudine, ovvero usi di lunga durata che ricevono valore dal consenso degli utenti. Il compito della consuetudine è di colmare le lacune della legge scritta.

Discorso a parte, ma che merita una precisazione importante, è la compilazione giustinianea che ci ha permesso di conoscere gran parte del diritto romano. Giustiniano (527-565 d.C.) aveva un sogno: quello di ridare unità all’Imperium Romanum con la riconquista dei territori sottratti dai barbari e con il diritto. Riunì intorno a se commissioni di esperti per ridare valore ed importanza all’ordinamento romano. Furono diversi i tentativi di riportare alla luce il diritto conosciuto e la riunione di questi tentativi portò alla nascita di diverse documentazioni, come: il Codex legum, Codex Iustinianus repetitae, il Digesta seu Pandectae, le Istitutiones e le Novellae. Tutte queste raccolte furono conosciuti dai posteri con il nome di Corpus iuris civilis.

Lo studio del Corpus iuris civilis risulta importante non solo per la sua contrapposizione che venne fatta con la successiva nascita del Corpus iuris canonici, ma, anche, per lo studio che venne concepito sul testo originale nei svariati secoli a seguire. Fra tutti basti pensare la figura dei glossatori o dei commentatori che studiarono in modo dettagliato e, a volte, maniacale l’intero testo. Inoltre è sullo studio del Corpus iuris civilis, insieme al Corpus iuris canonici, che nascono le prime Università in Italia ed in Europa. I due corpora iuris rappresentano l’intero universo scientifico del diritto e la lingua utilizzata è il latino, da ciò nasce un ceto europeo di studiosi e professionisti del diritto: quello dei giuristi.

Il Corpus iuris assume la qualifica di diritto imperiale e diviene vincolante per i territorio all’interno dell’impero. Tuttavia nei regni indipendenti dall’impero, il diritto romano incontra diversi ostacoli di natura socio-politica. In questi Paesi viene semplicemente accolto come consuetudine o in veste di diritto regio. In ogni caso, i due corpora si proiettarono all'interno dell'impero e vennero considerati il diritto comune di tutti i Paesi dell’Europa continentale. Questo perché nessuno dei Paesi europei possedeva un diritto nazionale, ma solo diritti consuetudinari locali. In tal modo i diritti nazionali dell’Europa continentale si sono formati e sviluppati in chiave romanistica. Un solo Paese sfugge a questo processo: l’Inghilterra, la quale ha maturato l’esperienza common law.

Le nuove filosofie nascenti e pensieri socio-politici sempre più rivolti alla modernizzazione, hanno portato ad un lento allontanarsi dal Corpus iuris. Il giusnaturalismo prima e, soprattutto, l’illuminismo dopo, portarono a svariati tentativi di codificazione interna dei Paesi e la graduale scomparsa del diritto comune europeo. Montesquieu, ad esempio, non fu celebre solo per il suo concetto di divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), ma anche per porsi come precursore (diversamente da quanto prospettato dai giusnaturalisti settecenteschi) di un’idea di codificazione nazionale. Voltaire risulta essere uno dei più ardui combattenti sulla laicità dello Stato e delle sue leggi e sull’idea di una libertà da attuarsi contro il potere ecclesiastico. Rousseau, invece, oltre ad evidenziare il bisogno e l’importanza della democrazia (la “volontà della maggioranza”), parla dell’esigenza di stipulare tre codici: uno politico, l’altro civile e l’altro criminale e tutti e tre devono essere chiari, brevi e precisi. In Italia, invece, è Beccaria che riveste un ruolo fondamentale di questa corrente filosofica. Secondo il pensatore italiano bisogna stabilire i confini del giusto e dell’ingiusto, cioè dell’utile o danno sociale, con l’equazione utilitaristica giustizia=utilità sociale. Tuttavia egli si mostra incline a sostituire il secondo elemento dell’equazione (utilità sociale) con la difesa dei diritti dell’uomo (“gli interessi dell’umanità”) e siccome i due elementi non sono interscambiabili, il binomio di ispirazione utilitaristica si trasforma in binomio in segno umanitario. Beccaria si occuperà in modo particolare delle leggi penali, scagliandosi contro la pena di morte ed avvertendo che le pene devono essere giuste e mirate al recupero della persona e per questo devono essere “la meno tormentosa sul corpo del reo”.

Sotto l’influenza di questi concetti filosofici e, almeno in parte, l’evento della rivoluzione francese e il susseguirsi degli anni del Terrore, si sono sviluppati diversi ed importanti codici, o tentativi di codici, in giro per l’Europa. I primi tre grandi codici comparsi in Europa sono stati: il code Napoléon, il codice austriaco e il Landrech prussiano. Bisogna però precisare che, nonostante la pregnante influenza illuministica, tali codici non abbandonano completamente il diritto romano-comune.

Oggi, per arrivare ai nostri giorni dopo il breve excursus fatto, il nostro diritto è notevolmente influenzato dal percorso storico evidenziato. Fattispecie di diritto civile sono spesso ricalcate dai concetti che già diverso tempo fa crearono i romani. Il codice civile è notevolmente influenzato dai codici illuministici e, in particolare, dal codice civile di Napoleone.

Spiegare in poche righe cos’è il diritto sarebbe troppo complesso, basti pensare il suo percorso storico e il tentativo fatto da diversi giuristi, sociologi e filosofi in diversi periodi storici per spiegare la sua complessità. Tuttavia possiamo evidenziare in questa sede che il diritto rappresenta tutte le norme giuridiche che regolano una determinata società in un determinato contesto storico.

Dopo questa breve premessa, occorre evidenziare l’importanza del diritto interno, ma, soprattutto, l’importanza che sta assumendo sempre di più il diritto europeo. Oggi l’Italia fa parte dell’U.E. e per far questo ha dovuto rinunciare ad una parte della propria sovranità. Infatti, il diritto europeo entra in maniera sempre più pregnante negli ordinamenti degli Stati membri. Oggi sentiamo spesso parlare di atti legislativi comunitari ed essi influenzano, in modo più o meno forte, le legislazioni interne degli Stati.

Gli atti legislativi comunitari, visti in maniera breve, si dividono in:

  • ATTI VINCOLANTI:
    • Regolamenti: entrano in forza dell’art. 11 della Costituzione. Hanno una portata generale (sono indirizzati verso tutti gli Stati membri), sono obbligatori ed hanno un’efficacia diretta (ovvero non necessitano di una legge statale di recepimento).
    • Direttive: non sono generali, ma indirizzate solo ai singoli Stati, non creano obblighi per i cittadini, ma solo agli Stati a cui sono indirizzati ed hanno un’efficacia indiretta in quanto necessitano di una legge di recepimento che individui i modi per raggiungere l’obbiettivo prefissato dalla direttiva stessa.
    • Decisioni: hanno una portata concreta, possono essere indirizzate o ad uno Stato membro o ad un individuo o ad un’impresa ed acquistano efficacia con la notifica al destinatario
  • ATTI NON VINCOLANTI:
    • Raccomandazioni
    • Pareri

Da quanto dedotto fino a questo momento e senza entrare troppo nello specifico, sembra palese la forza che viene ad essere assunta dal diritto europeo nei confronti del diritto interno degli Stati membri. Inoltre, basti pensare anche a tutte le tipologie di ricorsi che possono essere aditi presso la Corte di giustizia europea che rappresenta, in determinati casi, un ulteriore grado di giudizio.

Quel che appare evidente da questo breve resoconto è che la nascita e l’importanza che assume oggi il diritto europeo sembra quasi portare ad un processo inverso rispetto a quanto accaduto durante il periodo illuministico e la successiva nascita dei codici interni, dove si tendeva ad accentrare il potere dello Stato e dell’imperatore ai danni di uno diritto comune europeo.

27.02.2012 10:56

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Claudio Salvatore Casile

Nome: Claudio Salvatore Casile

Cittadinanza: Italiana

Nato a: Melito Porto Salvo (RC)

Nato il: 17/03/1978

Residente a: Reggio di Calabria

Laureato in: Giurisprudenza (V.O.)

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